L’esordio dell’ecologia
Sebbene oggi la realtà dell’ecologia sia questione collettiva ed universale, in passato, specialmente negli anni di apertura dell’ecologia, vi erano numerosi problemi all’interno del rapporto tra uomo e ambiente. Molti studiosi si interrogano su una questione: quale percezione ecologica hanno manifestato gli antichi? Tutto parte dalla Grecia, durante il V secolo, in cui comincia gradualente a manifestarsi una teoria, quella del determinismo ambientale, promossa dalla scuola di Ippocrate e secondo cui l’ambiente naturale, il clima e la distrubuzione delle risorse primarie, anticipano le caratteristiche culturali, ma soprattutto fisiche della popolazione. In merito a questa teoria, incisivo fu il trattato sulle arie, le acque e i luoghi, di origine pseudoippocratea, nel quale si afferma che esistono differenze ambientali tra Asia ed Europa che portano ad affermare che l’aspetto ed i costumi degli uomini sono conformi e modellati sulla natura del territorio.
La posizione dei Greci
I Greci, come realtà culturale, usavano vivere in un contesto ambientale che non esigeva una particolare sensibilità ecologia, a causa del fatto che non esistevano rapidi cambiamenti del paesaggio, del clima e di innovazioni tecnologiche invasive. Sulla base di queste premesse, è intuitivo pensare che la preoccupazione della popolazione grecia, in merito ai danni ambientali conseguenti all’intervento dell’uomo, era veramente minima. Il massimo danno ambientale che potevono vivere durante l’antichità, riguardava fattori come il prelievo di risorse dall’ambiente naturale, l’inserimento di residui organici o inorganici delle attività di consumo nell’ambiente e la modifica dell’ambiente a proprio vantaggio. Di fatto, la realtà preindustriale del mondo greco, non aveva le possibilità di produrre notevoli quantità di residui e, soprattutto di residui che presentano delle difficoltà nello smaltimento, per cui non biodegradabili. Alcuni fattori inquinanti consistenti, potevano riguardare gli scarti prodotti dal settore metallurgico ma, per chi vive nel XXI secolo, di facile comprensione è quanto oggi, diversamente da ieri, ben altri sono i fattori relativi al danno ambientale.
La coscienza ambientale
In un secolo in cui i pesci affogano nei residui plastici e le emissioni di CO2 si fanno sempre più insistenti, realtà dalla sensibilità avanzata, come Nova Ecologica, si premurano e attivano nella speranza di salvare l’ambiente dalla mano perfida dell’industria. L’attivismo degli ultimi anni, diverso da quello del mondo Greco, lontano dalla catastrofe ambientale, comincia a venir fuori di fronte allo scioglimento dei ghiacciai e al suo conseguente innalzamento dei mari. L’educazione ad un problema così forte, per molteplici critici, è venuta fuori tardivamente e, le conseguenze, risultano tangibili proprio da quelle organizzazioni e da quelle attività che ogni giorno lottano al fine di promuovere l’automobile elettrica, un sapiente smaltimento dei rifiuti, l’adesione alla raccolta differenziata e l’utilizzo di risorse riciclate. L’unica speranza risiede in questa generazione, la quale deve vincere le sue esigenze consumistiche al fine di salvare la propria casa.